Non poteva
e non sarebbe potuta essere in alcun caso
una maratona come le altre.
Quella di S.Antonio 2016
(come le altre 43 che avevo corso in precedenza)
é stata un' inspiegabile mix di magiche emozioni
sussurrate e condita da una buona dose di fatica fisica.
sussurrate e condita da una buona dose di fatica fisica.
Domenica mattina
- lungo il nuovo e bellissimo percorso di gara -
si é materializzato quasi sino al minimo dettaglio
tutto quanto avevo previsto alla vigilia della gara:
discreto ritmo corsa nei primi 10 chilometri,
addirittura più scorrevole nei successivi quindici e
progressivo esaurimento delle scorte fino
allo detonante chilometro numero trentadue.
Stop e fine delle trasmissioni.
Se scrivessi che sono soddisfatto delle 3 ore e 5 minuti
impiegate per coprire la regina delle distanze
sarei un pinocchio bello e buono
perché la percentuale di agonista che si agita ancora in me,
non mi consente di vedere
(completamente)
il bicchiere che in realtà
é molto di più che mezzo pieno:
ero (e sono) totalmente consapevole che la
scarna preparazione effettuata sin al 17 aprile
non poteva in alcuna maniera permettermi
di correre sui miei normali ritmi
e che per questo ben difficilmente
sarei potuto stare sotto al
celeberrimo "muro" delle 3 ore.
In realtà domenica mattina ho trascorso
quasi un'ora della mia vita ad ascoltare i bisbigli e
ad intuire i sussurri che il mio sfortunato campione
é venuto puntualmente a portarmi sulla strada
verso il Prato della Valle:
quando le gambe si sono fatte pesanti
e ho capito che avrei solo potuto
trotterellare verso l'arrivo,
ho ripensato ancora una volta ad Alberto
e alle sue inesprimibili parole.
Lui c'era (e c'é)
e grazie a ciò non ho avvertito la benché minima fatica
nell'ultima parte di corsa dove oramai avevo
ampiamente "tirato i remi in barca".
No,...non mi ha gridato
"Papà, corri più forte,.."
perché aveva ben capito che in quel breve periodo di tempo
ciò che contava era lasciarsi accarezzare
e accarezzarmi a sua volta:
l'unica cosa che contava erano il profumo di pesca dei suoi capelli
e il mio cuore che batteva forte.
Mi sono girato attorno tre - quattro volte
...
ma pur non vedendolo
l'ho percepito nitidamente e questo mi ha sollevato
anche se non mi é bastato
né mi basterà mai.
Ciao Alberto,..alla prossima.
- lungo il nuovo e bellissimo percorso di gara -
si é materializzato quasi sino al minimo dettaglio
tutto quanto avevo previsto alla vigilia della gara:
discreto ritmo corsa nei primi 10 chilometri,
addirittura più scorrevole nei successivi quindici e
progressivo esaurimento delle scorte fino
allo detonante chilometro numero trentadue.
Stop e fine delle trasmissioni.
Se scrivessi che sono soddisfatto delle 3 ore e 5 minuti
impiegate per coprire la regina delle distanze
sarei un pinocchio bello e buono
perché la percentuale di agonista che si agita ancora in me,
non mi consente di vedere
(completamente)
il bicchiere che in realtà
é molto di più che mezzo pieno:
ero (e sono) totalmente consapevole che la
scarna preparazione effettuata sin al 17 aprile
non poteva in alcuna maniera permettermi
di correre sui miei normali ritmi
e che per questo ben difficilmente
sarei potuto stare sotto al
celeberrimo "muro" delle 3 ore.
In realtà domenica mattina ho trascorso
quasi un'ora della mia vita ad ascoltare i bisbigli e
ad intuire i sussurri che il mio sfortunato campione
é venuto puntualmente a portarmi sulla strada
verso il Prato della Valle:
quando le gambe si sono fatte pesanti
e ho capito che avrei solo potuto
trotterellare verso l'arrivo,
ho ripensato ancora una volta ad Alberto
e alle sue inesprimibili parole.
Lui c'era (e c'é)
e grazie a ciò non ho avvertito la benché minima fatica
nell'ultima parte di corsa dove oramai avevo
ampiamente "tirato i remi in barca".
No,...non mi ha gridato
"Papà, corri più forte,.."
perché aveva ben capito che in quel breve periodo di tempo
ciò che contava era lasciarsi accarezzare
e accarezzarmi a sua volta:
l'unica cosa che contava erano il profumo di pesca dei suoi capelli
e il mio cuore che batteva forte.
Mi sono girato attorno tre - quattro volte
...
ma pur non vedendolo
l'ho percepito nitidamente e questo mi ha sollevato
anche se non mi é bastato
né mi basterà mai.
Ciao Alberto,..alla prossima.
2 commenti:
I tuoi racconti di Padova mi fanno sempre scendere una lacrima, non avrai sfondato il muro delle 3 ore (per stavolta) ma ci sono muri altri muri che cadono, ben più importanti. Che poi Padova ha un sapore simile anche per me, prima maratona, a pochi giorni dalla scomparsa di un caro amico. Forse Padova è il posto migliore dove capire che la strada va corsa e la vita va vissuta. Un abbraccio.
La tua saggezza e il tuo buon senso mi lasciano sempre un insegnamento nuovo.
Si,....la strada va corsa e la vita va vissuta.
Ciao e grazie.
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